Stanza Ovale: Parliamo di metodologia

12 Novembre 2015

Una pagina a quadretti e il maestro che dava istruzioni su come fare la cornice, un motivo colorato che abbelliva il perimetro del foglio all’interno del quale le aste. Verticali, orizzontali, oblique. Un metodo arcaico per imparare a scrivere. Così come la pagina di a, e, i, o, u. Insomma , un lavoro noioso e ripetitivo badando, beninteso, alla forma.
E sul campo da rugby la stessa cosa. Importante era saper passare la palla, magari in bello stile. Insomma, in entrambi i casi un pezzo del tutto per mettere insieme il mosaico in un secondo momento, senza capire come e perché. Il metodo migliore per imparare la forma.
Ad un certo momento qualche illuminato si pose la domanda: “c’è un sistema migliore per insegnare, per dare consapevolezza di ciò che si sta facendo? come si può far capire l’essenza del discorso?
Allora non più pagine di a, non più passaggi in bello stile come primo approccio ma la parola intera, il tutto, la comprensione di quello che si fa. Dall’analitico al globale, quindi.
A V A N Z A R E
“Cosa vuol dire?”
“Andare avanti!”
“Bene, prendi la palla e dimostralo! Portala laggiù, oltre la linea, e corri più veloce che puoi senza farti prendere.”
In questo c’è il rugby moderno, quello dei campioni del mondo della velocità degli australi che surclassano i boreali; il rugby espresso nell’attaccare la linea avversaria per andare oltre, in possesso di palla o per andarla a conquistare.
E poi il resto.
P R E S S I O N E  S O S T E G N O  C O N T I N U I T A’
“E il passaggio?”
“Un optional. Si usa solo se serve.”
“Ma come faccio a fare un passaggio di venti metri?”
“Ti devi allenare per farlo bene, tanto, e nella maniera più veloce ma solo quando avrai capito perché e quando lo devi fare.”
Andrea Lijoi

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