Stanza Ovale: l’esame di coscienza

19 Novembre 2015

Cari genitori,

Proviamo a farci un esame di coscienza. Oltre all’abitudine di portare i propri figli al campo di rugby o in piscina,  quante volte li abbiamo spinti a fare un’attività non codificata come arrampicarsi su un albero, scavalcare una staccionata, saltare un fossato, tuffarsi di testa da uno scoglio al mare? Se ne potrebbero fare tanti di esempi di attività non istituzionali, di espressioni motorie che sono basilari nel concorrere ad una formazione armonica dell’individuo sia sotto l’aspetto fisico che mentale. Correre, correre su un terreno accidentato e con ostacoli da evitare o saltare, strisciare sotto un rovo per non impigliarsi, cadere in basso per superare un dislivello, cadere sapendo come atterrare, ruzzolare,  arrampicarsi, lanciare un sasso per colpire un bersaglio, ricevere un pallone senza farselo sfuggire di mano. Sono i cosiddetti gesti motori, quelli che, strutturati attraverso la ripetizione, la nostra mente assimila e migliora nell’esecuzione attraverso l’esperienza e che vanno sotto il nome di schemi motori di base. E l’esperienza, e quindi l’automatizzazione,  permette di camminare, lavarsi il viso, portare alla bocca la forchetta per mangiare con disinvoltura, con destrezza. Lavorando con i ragazzi ci si accorge che non tutti sanno cadere – fondamentale nel rugby – non tutti sanno afferrare una palla, con difficoltà affrontano una capovolta. Questi ragazzi non conoscono appieno il proprio corpo, non hanno vissuto quelle esperienze formative che è “obbligatorio” far vivere ai propri figli e che noi genitori, vincendo le nostre paure ma anche la nostra pigrizia, abbiamo il “dovere” di offrire. Quante volte ci siamo lanciati in uno spontaneo “non correre perché cadi!”? Pensiamo all’inibizione che abbiamo generato in loro ponendo un veto alla cosa più spontanea, il correre, o alle cose più complicate come scavalcare un cancello. Per non parlare del sacro terrore che ci assale se i nostri figli si sporcano le mani con la terra o stracciano i vestiti facendo la scivolarella su un terreno in discesa.

Riflettiamo e con obiettività osserviamoli quando sono in campo. Proviamo a conoscerli sotto questo aspetto e torniamo indietro con la mente a ciò che hanno vissuto. Che atteggiamento hanno? Mostrano timore e corrono pesantemente in posizione seduta? Sono sfrontati e vi sembrano delle libellule eleganti? Come si pongono di fronte al “contatto” nel gioco del rugby? Protendono le braccia o si lanciano a rotta di collo?

Riflettiamo e valutiamo  quanto possiamo ancora fare per loro.

Andrea Lijoi

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