Stanza Ovale: Il coraggio e il confronto

5 Novembre 2015

 

Ecco perché la nuova Stanza Ovale diventa uno spazio a piú firme, scrive Luca Sabia.

 

Durham (UK), 1 Novembre 2015 – Bravi bravissimi. Si. Ma che noia. Ora, se é vero che gli All Blacks sono i piú forti al mondo (e in pochi si aveva dei dubbi in merito) é altrettanto vero che va bene ragazzi, guardateli e riguardateli, studiateli a fondo perché di meglio in giro non c’é. Tuttavia io, povero spettatore, ho bisogno anche di altro!

 

So di andare contro corrente, ma mi sia concesso. Anche perché voi non avete una idea del lutto che ha travolto gli inglesi, qui in terra britannica, dopo la loro eliminazione nel derby con i cugini gallesi!!! Per esempio, un mio collega, appassionatissimo rugbista, ha smesso proprio di seguirli i mondiali e quando si accennava alla cronaca degli ultimi incontri cambiava discorso.

 

E’ anche vero che ci sono andati pesante, non ce lo nascondiamo. Per giorni, per esempio, é girata la storia (molto gustosa, devo colpevolmente ammettere) che ha messo gli inglesi un po’ sotto pressione dell’ inventa uno sport, insegna a qualcun altro a giocare meglio di te e poi perdi!!! In effetti é divertente, ma nei loro panni capisco…

 

E cosí é stato un mondiale strano, visto da qui. Infatti, fuori dai circuiti ufficiali del marketing sportivo, per strada, i riflettori si sono spenti quasi subito ed é stato, nell’anno del salvataggio della Grecia, una vera e propria tragedia.

 

Perfino sua maestá l’inglesissimo Financial Times, che per l’occasione aveva ritagliato nel suo flusso di informazione finanziaria una storica rubrica dedicata ai mondiali, ha subito un vero e proprio shock colpito in centro all’orgoglio.

 

Come che sia, é andata. Capitolo chiuso. Chi ha vinto ha vinto, chi ha perso ha perso, la foto di Sonny Bill Williams resterá negli annali come culto per gli amanti del genere come pure la medaglia regalata al suo giovane supporter placcato dalla sicurezza; il Giappone ha stravinto il suo mondiale samurai, l’Argentina é andata in semifinale, mentre il 6 Nazioni é scomparso dal radar del podio. Insomma, magic moments.

 

Poi l’Italia. Ora, da dove prendere l’argomento c’é oggettivamente l’imbarazzo della scelta. Per questo é proprio scegliere di prendere l’ argomento che mi imbarazza quindi alla fine decido di deviare chiudendola qui se non sottolineando la debolezza mentale del nostro rugby.

 

Si, proprio quella che qualcuno, ho letto, confonde ancora con la “politica-e-i-giochi-di-potere”. Mi spiego meglio: quella che abbiamo visto con l’Italia é a mio avviso solo la punta dell’iceberg. Sostenere che, per esempio, non c’é vivaio, che i nostri giocatori sono troppo vecchi, che le dinamiche dello spogliatoio, che quelle federali, ecceteraecceteraeccetera….va tutto bene, ma fino a un certo punto.

 

Il certo punto cui mi riferisco é dove comincia lo sport, che non é quando scendi in campo. Quello é lo spettacolo che comincia ed é tutta un’altra storia. Ora qui nessuno ha l’ambizione né il desiderio di dare lezioni a nessuno, specialmente io che sono il meno titolato di tutti a parlare, ma di questo ne sono talmente consapevole che mi sento libero di dire la mia ed essere ascoltato. Per cui grazie sin d’ora.

 

Mi rendo conto di essere privilegiato in questo, ma questo privilegio sono altrettanto consapevole é solo la conseguenza dell’esistenza di uno spazio, la Stanza Ovale, unico al mondo nel suo genere. La Stanza Ovale é, infatti, il prodotto di persone intelligenti per persone molto intelligenti, un’Opera della dirigenza capitolina e di tutti i lettori che hanno contribuito a consolidarla nel tempo, e che adesso comincerá a camminare con le proprie gambe e a essere firmata da piú persone grazie allo spirito guida del nostro Club: il confronto formativo.

 

Quel confronto che, cari genitori, i nostri giovani rugbisti scopriranno presto, é proprio dove comincia lo sport. A partire dal confronto con se stessi per ammettere, capire e studiare con rigore e senza sconti i propri limiti, le proprie aree di debolezza e come superarli e migliorarsi, allo stesso modo in cui si supera la linea del vantaggio, allo stesso modo in cui un gioco si migliora e via dicendo.

 

La meta é solo una conseguenza, faticosa e dolorosa (talvolta non solo in senso metaforico), di questo processo del singolo e collettivo che passa attraverso una serie di necessari fallimenti, le fasi di gioco.

 

Il punto é che in questo processo ci sono far girare la palla, far crescere la Stanza Ovale, migliorarsi con l’aiuto e la partecipazione di tutti. Per andare in meta, ovvero per vincere la propria, la nostra sfida, ci vuole attitudine mentale e tanto coraggio, perché in tutta onestá é rischioso. Ma il rischio si puó imparare a gestire.

 

Per cui é di fronte a tutta questa bellezza, che comprende anche un mondiale perso, a patto che faccia parte di un reale e misurabile percorso di crescita,  che mi chiedo qual é il senso  del coraggio nell’affermare che il mondiale italiano in fondo é stato sufficiente perché la nostra nazionale ha perso, ma ha centrato la qualificazione a Giappone 2019.

 

Ammesso e non concesso, equivale a dire esattamente le seguenti parole: scusate il ritardo, ma c’era traffico. Pur sforzandomi di capire (e ammetto di non riuscirci), la cosa é irritante perché manca di rispetto a tutti. Mi sia perdonata la banalitá dell’osservazione: come mai qualcuno a quell’appuntamento invece é arrivato puntuale? Ovvero, come mai qualcuno quel mondiale lo ha vinto ma quel qualcuno non sei tu?  Il resto non conta.  Buona Stanza Ovale a tutti.

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