Finisce nella maniera più orgogliosa e vibrante, con i complimenti dei vertici urchini che incontrati all’imbarco per il ritorno a casa alle prime luci dell’alba, fanno i complimenti al capitano Mathias e a tutta la squadra. “Qui in Irlanda gli unici ad avere vinto siete stati voi!”. Il sorriso e lo sguardo reciproco di complicità è la sintesi di una quattro giorni “unforgettable”, senza sosta, dove passione, entusiasmo, amicizia e unione autentica (di tutti, ragazzi e genitori capaci di mettere in piedi un efficiente servizio degno dei miglior tour operator), fatta di fedeltà e partecipazione comune, hanno reso la trasferta dell’under 11 a Dublino sotto il cielo d’Irlanda di un bluamaranto intenso e difficilmente riproponibile per una serie di coincidenze e incastri ben riusciti. Nei bagagli degli urchini, accompagnati in questo viaggio d’Oltremanica da Marco Armanini e Gionata Venturini (il nuovo e il “vecchio” coach, interpreti autentici del messaggio e dello spirito di un gruppo affiatato) non c’è custodita solo come ricordo indelebile una vittoria tutto cuore e coraggio in terra straniera contro una rappresentativa locale di uno dei college più importanti di Dublino, il BlackRock. C’è molto di più, soprattutto la gioia di un’emozione collettiva, condivisa e iniziata fin dal primo passo, al momento della partenza.
Azzurri e selfie a volontà. Per giochi del destino che fanno pensare come a volte tutto quello che puoi immaginare è reale, ni ragazzi hanno volato sullo stesso aereo della nazionale azzurra attesa al match contro l’Irlanda per il Sei Nazioni, scatenando la caccia all’autografo e al selfie da immortalare. Prima paralizzati e poi accecati dall’euforia, gli urchini hanno braccato seppur timidamente gli Azzurri, inconsapevoli del fatto che non si sarebbero liberati tanto facilmente di loro ritrovandoseli davanti anche il giorno dopo, a causa di un blitz nell’albergo azzurro, per ultimare la collezione di firme e fotografie da incorniciare. Parisse gettonatissimo (anche da mamme, impegnate a frenare il pudore), abbracci collettivi, foto di gruppo, felpe macchiate di inchiostro indelebile e un saluto speciale ad Andrea Pratichetti, ex urchino tornato nel giro azzurro, che ha voluto omaggiare i ragazzi regalando i suoi calzettoni e pantaloncini. Rigorosamente usati. Verranno consegnati all’urchino under 11 più meritevole. “Ma i calzini puzzano davvero”, segnala uno di loro per autenticarne l’originalità.
La Partita. In questa magica parentesi d’azzurro (possibile grazie alla disponibilità degli atleti e dell’ufficio stampa Fir che ha autorizzato questo bagno di folla) c’è da raccontare La Partita, non quella dell’Italia travolta dal suo solito destino, ma quella allestita nello scenario alla Harry Potter del BlackRock. La pietra filosofale, simbolo dell’alchimia, era proprio lì. Seguire il match del Sei Nazioni all’Aviva Stadium era diventato per la delegazione urchina, lievitata per numero di partecipanti e adesioni con il prossimarsi delle settimane, ormai un pretesto per far incontrare due formazioni pari età. E inevitabile è scattata nell’immaginario collettivo dei giovanissimi urchini l’idea che stessero per giocarsi un’IrIanda-Italia in miniatura. Il fascino e il prestigio del college, l’aria che si respirava in quella struttura studentesca con almeno una decina di campi da rugby, hanno galvanizzato l’U11, trascinata da un sogno fattosi realtà grazie anche all’operosità della famiglia Zandri e del figlio Cristiano, stella urchina trasferitosi al college lo scorso agosto. C’è chi per non perdersi quell’incontro ha fatto di tutto, lottando contro il tempo e i ritardi sul volo di linea e facendosi scaricare, non appena giunto a Dublino, dal taxi direttamente sul campo da gioco, già vestito con la divisa d’ordinanza e pronto per il match. Venti minuti a tempo per un 7-2 finale dove fisico, intensità nel combattimento e nell’organizzazione in attacco e in difesa e quella determinazione vera espressione di forza, hanno fatto la differenza. Per la cronaca due mete di Benvenuti, una di De Luca nel primo tempo, a seguire Modulo, Pieri, Cavallari e Castaldi. Di McFarland e Cooper quelle irlandesi. Un grido per festeggiare, un abbraccio comune per scambiarsi sudore e fango e la frase di Mathias restano i flash del pomeriggio. “Ma adesso di partita ne facciamo un’altra vero?”, si domandava insieme ai compagni, quasi a non voler mai abbandonare quei campi. Ne avrebbero fatti altri dieci di incontri. L’ospitalità è stata impeccabile, la cerimonia di consegna di cravatte d’ordinanza e crest come da tradizione, celebrata con cori a squarciagola e impreziosita dall’Inno di Mameli cantato senza sbavature da urchini ubriachi di aranciata e succhi di frutta. L’idea è quella di ricambiare l’ospitalità o magari ripresentarsi qui tra qualche anno per una seconda avventurosa trasferta. È giunta voce di un tentativo per allestire una seconda sfida con gli urchini per la domenica ma era giorno di ritorno a casa. Peccato. Significa però che la voce era comunque girata.
Street Rugby. La quattro giorni è trascorsa senza tralasciare visite culturali (dal Trinity College a Dublina passando per la Guinness Storehouse) e soste tra le vie di Dublino per affollare storici negozi di rugby. Il meglio però è stato il dopo partita di Irlanda-Italia, quando i ragazzi, lasciato lo stadio, hanno improvvisato come terzo tempo un incontro nel giardinetto di casa di un ragazzo che stava giocando con altri amici con l’ovale. “Can we play with you?”, ha domandato l’intraprendente Enrico. A risposta affermativa si è rivolto ai compagni con un eloquente quanto convincente: “Se po’ giocà”. E lì si sono scatenati i dieci minuti più belli ed emozionanti: un groviglio di mani e schiene, di incursioni a testa bassa e di improbabili passaggi tra alberi e steccati ad intralciare il campo. Un video immortala quella scena, testimonianza più bella e autentica del valore, spirito e coralità di questo sport e di questa trasferta vissuta senza respiro da un manipolo di urchini, incantati, storditi e sfatti ma felici al loro ritorno a casa. Perché se si sogna da soli è solo un sogno, insieme è la realtà che comincia a farsi largo.
Nb.: Se tutto questo è stato possibile lo si deve alla spontanea intraprendenza di una “squadra” di genitori, che fa dell’unione una famiglia. Valerio come capo regia capace di non sbagliare un colpo, Fabrizio come guida storica e solida su cui poter contare sempre e comunque, mamme tenaci, come Luisa, sempre piena di iniziative. E poi gli altri interpreti di questo “film”, come Fabio che nonostante non fosse fisicamente sul luogo, è stato capace di essere comunque con noi, “disegnando” da casa memorabili e fantomatiche prime pagine di giornale in tempo reale per raccontare con ironia e leggerezza e inattaccabile orgoglio capitolino la trasferta in terra d’Irlanda. Ma il vero merito va ai tecnici che hanno costruito un gruppo di urchini che si consolida sempre di più. E sempre meglio.