Sabato 18 settembre maturano sotto la luna di via Flaminia 867 i frutti del lavoro corale che il comitato organizzativo riunito da Marco Franzoso ha iniziato quest’inverno, nel clima di incertezza a tutti noto legato alla pandemia.
Dopo il vivace open day mattutino, centinaia di persone colorano il campo vestite di bluamaranto. Un contributo corale ha reso possibile l’allestimento delle strutture e l’inizio di un terzo tempo dall’atmosfera familiare anche ai frequentatori meno abituali. Essenziale l’aiuto dei ragazzi dell’associazione “Albergo etico”, della Casa famiglia e della Parrocchia di Santa Maria Immacolata a Grottarossa, pronti a dare una mano alcuni ex Capitolini.
Il discorso del Presidente sospende il già avviato flusso verso birre, salsicce e cannoli, e ripercorre la storia del club dalla presa del campo attraverso i vari risultati, per chiudere con l’immagine di Peppe Cerqua, atleta capitolino juniores e seniores di anni fa, che solleva Bebe Vio alle ultimi Paralimpiadi.
La videointervista di Luigi De Carlini ad alcuni protagonisti della fondazione (te la sei persa? clicca QUI) accompagna la cena, tra le voci dei bambini in campo e la musica. Le videoinstallazioni proiettano tutta la sera commoventi foto storiche, qualcuno in quelle sequenze rivede se stesso, o un altro se stesso con i capelli sugli occhi molti terzi tempi fa.
La voce di Francesca Rebecchini chiama i numeri della lotteria della Onlus per ricordare l’impegno reale del Club verso chi è in difficoltà, con una serie di iniziative che negli anni perseguono un autentico, ostinato percorso contro l’indifferenza.
Il suono della chitarra accompagna un’altra voce, quella del giovane Giovanni Ursini in arte Oba: le note dei brani di Tracy Chapman, De André, e John Denver corrono lungo tutto il perimetro dell’Unione Rugby Capitolina, sui tavoli, tra le persone, negli angoli meno illuminati dove i bambini e i gatti scappano a nascondersi.
La rassegna di magliette delle squadre Seniores dall’anno della fondazione ad oggi, aperta da Stefano Montalto (capitano della prima, storica, Squadra Seniores) sfila sul palco tra la complicità di capitani di ogni generazione. Presenti le ragazze della femminile con le maglie dal 2016 ad oggi.
Poco dopo una distesa di teste punta il naso verso un cielo sfumato di rosso e di bianco, tra i bagliori dei fuochi d’artificio. Un’istantanea immortala il cuore della serata: le categorie si fondono in un gioco senza regole in campo; i più piccoli saltellano tra i palloni e le ruote a bordo campo, i grandi li addomesticano come loro miniature. Infine come ogni festa che si rispetti, si balla: per ricordare, per dimenticare, per vedere girare una gonna, senza scarpe o con le gambe di un urchino appese al collo.
Come si giudica una festa? Non si sa. Non c’è un manuale. Una festa è forse riuscita se la mattina dopo ti fanno male i piedi ma vorresti tornarci. E se quel posto c’è ancora e puoi contribuire per questo anche solo con un tuo gesto, allora sei stato fortunato.
I nostri primi venticinque anni
Esprimere il significato di un venticinquennale come quello dell’Unione Rugby Capitolina non è semplice se il tuo cammino come quello di molti altri si è intersecato solo per caso o di recente col quel fascinoso microcosmo. Certamente la chiave di lettura “inclusiva” che ha ispirato il comitato organizzativo, l’idea un enorme terzo tempo che chiudesse un primo match durato 25 anni è suggestiva, e sana almeno in parte il disagio, grazie alla familiarità unica trasmessa dall’ambiente capitolino e all’autentico desiderio di festeggiare.
“L’idea”, spiega Alberto Magni, organizzatore dell’evento “è di coinvolgere tutti coloro che a vario titolo hanno partecipato ai 25 anni del Club: chiunque sia passato di qui ha messo una tessera a questo bellissimo mosaico, chi ha preso una birra, chi ha parlato della Capitolina a un suo amico, chi è stato uno sponsor, chi ha parlato con altri genitori di questa esperienza, chi ha investito soldi, energie, tempo: se oggi la Capitolina è quello che è, è meritodi ogni singola tessera che ognuno ha messo”.
Ma a che cosa serve un venticinquennale, che cosa significa fermarsi e guardarsi indietro? Significa inquadrare il presente. E di fronte a questo siamo disorientati per natura e ci imbattiamo facilmente in valutazioni presbiti o ipercritiche. Conoscere la storia facilita questo compito perché permette di “collezionare precedenti” e integrarli alla realtà.
Molte le tappe salienti di questo percorso individuate da Daniele Pacini, Direttore Tecnico della FIR: dal raggiungimento di una continuità sportiva tra bambini, settori giovanili e squadra Seniores, costruita con i giocatori via via cresciuti nel club, alla nascita di una squadra femminile, allo sviluppo di realtà amatoriali. Commoventi episodi di solidarietà reciproca come in occasione della scomparsa di volti amici o di uno straordinario giocatore come Brendan Lynch, e ancora del terremoto dell’Aquila, che saldano la comunità nel sostegno reciproco. Centrale il valore della nascita di una squadra di Rugby Integrato come pietra miliare nella visione del club, per il senso di appartenenza e la formazione della persona. “Formare esseri umani e avviarli alla vita” è il contributo chiave del Club per il Presidente Giorgio Vaccaro “a fronte delle difficoltà e i cambiamenti generazionali, il contributo di questo Club rimane l’accoglienza di migliaia di ragazzi per aiutarli a crescere in un ambiente sano”.
Chi ha esordito agli albori di un Club dal passato ancora acerbo come Stefano Montalto, richiama la sacralità dei campi da rugby, della Club House con le maglie da gioco, un luogo che è “ben lontano da un semplice circolo sportivo, ma è una casa, un tempio dove si impara a vincere, a perdere, a riconoscere il valore di un avversario. Fermarsi a capire è fondamentale per creare una storia, una tradizione, un senso d’appartenenza, un attaccamento ai colori. Prima della partita dicevo sempre che quello era il nostro campo, lì non ci avrebbe potuto battere nessuno, al massimo potevano fare più punti. Ma non sarebbe stato comunque un bel pomeriggio per i nostri avversari”.
Questa continuità tra passato e presente è confermata dal Director Of Rugby Cesare Marrucci, che oggi si impegna a restituire al Club i valori assorbiti sin dall’esordio capitolino con la palla ovale.
Ottimistica la prospettiva di Claudio Tinari su un ipotetico centennale del Club: “certamente si festeggerà il primo degli scudetti, i ragazzi che nel 2036 vinceranno il primo dei tanti scudetti verranno festeggiati al centenario e saranno dei simpatici ottantenni”.
Le parole del primo, storico, Presidente ci indicano la lunga strada da fare ancora insieme verso nuovi traguardi. Forse fermarsi serve proprio a ripartire, ad imparare dagli errori, ad alimentare la speranza nelle nostre aspirazioni, se è vero che “c’è una crepa in ogni cosa e da quella entra la luce”.
Maria Palombella