Quando mi è stato chiesto se volevo scrivere qualcosa sulla Capitolina, ho detto subito di sì perché, anche se non è la mia società e se sono un’avversaria, mi piace sempre l’aria che si respira al campo dell’Unione.
Se penso all’URC io, da biancoceleste della Pro Recco Rugby, non posso non pensare al campionato 2012/2013, legato a ricordi indelebili: per noi il primo posto in classifica, la prima volta in semifinale e la prima finale di serie A, che però avrebbe vinto proprio la Capitolina. Una squadra di Roma, dalla grande tradizione e con bei nomi, a noi “provinciali” di un paesino ha sempre messo un po’ soggezione. Tra l’altro, quell’anno, il calendario e il destino ci hanno messi di fronte alla prima giornata di andata e poi all’ultima in assoluto, 8 mesi dopo, nella finale, come in una sorta di perfetta chiusura del cerchio.
Era la stagione della tragica scomparsa di Brendan Lynch, e me lo ricordo bene, perché è venuto a mancare una decina di giorni dopo aver giocato a Recco la partita di ritorno di campionato, probabilmente una delle partite di serie A più belle di quella stagione e non solo, e tutti ci ricordavamo di quel pilone massiccio e forte dall’aria simpatica. Nessuno riusciva a capacitarsi della tragedia che era capitata ad un ragazzo che pochi giorni prima lottava sul nostro campo e rideva con noi al terzo tempo. La dedica a lui della promozione in Eccellenza non dico che abbia lenito la nostra delusione per la sconfitta, ma è forse sembrata un po’ una cosa che doveva andare così e basta.
Siamo tornati ad incrociare l’URC nella stagione passata, 2015/2016, nella seconda fase della regular season, e sono ancora una volta state scintille, con un epico pareggio 31-31 nella gara di ritorno giocata a Roma. Alla fine saremmo andate entrambe in semifinale: per noi una riconferma, per la Capitolina un ritorno in alto. Prima della partita di andata del campionato scorso, non ci incontravamo da quella finale del 2 giugno 2013.
Dici Capitolina e, inevitabilmente, pensi al campo e al ristorante, dove respirare rugby in ogni modo e farsi delle mangiate che meritano tutta la fama che hanno: è sempre un posto dove è bello tornare, seguendo la propria squadra ma anche tra amici per condividere chiacchiere ovali, salutare persone e guardarsi le maglie appese.
Il “modello Capitolina” è sicuramente una delle cose belle del rugby italiano.