Stanza Ovale: prestazione o risultato?

Provare a giocare bene e cercare di vincere o pensare solo alla vittoria come unico obiettivo?

Questa la domanda che accompagna lo sport; superare l’avversario, sia nelle discipline individuali che in quelle di gruppo come il nostro rugby.
Dominante comune è lo spirito agonistico che deve necessariamente animare chi scende in campo. Senza questa caratteristica difficile fare strada. Nello sport individuale deve emergere alla massima potenza. L’uno contro uno, oppure l’uno di fronte ad una giuria, lasciano poco scampo a chi non è motivato; negli sport di squadra entrano in gioco altri fattori, altre dinamiche. Ognuno è il tassello di un mosaico dove il prodotto finale è una musica d’assieme gradevole, che piace e soddisfa.
Ma per arrivare a questo si deve avere molta pazienza. Il discorso parte da lontano, da chi muove i primi passi  nella categoria minore, la u.6. In generale, a questa età,  gli schemi motori di base hanno una buona interpretazione nel correre, saltare, lanciare, rotolare. E’ la fase di passaggio tra il corpo percepito e il corpo rappresentato e la maggior parte dei bambini ha raggiunto questa tappa nel mondo della psicomotricità. Poi, lentamente, questi schemi motori si adattano al nostro gioco ma quello che complica il tutto è il contatto per il quale va fatto un discorso a parte che deve tener conto del vissuto dell’individuo e del suo porsi nei confronti dell’altro. E qui entra il gioco la figura dell’educatore o allenatore che dir si voglia, che abilmente mette in condizione il bambino di potersi esprimere attraverso il gioco. Il divertirsi, lo sdrammatizzare eventuali situazioni in cui c’è troppa esasperazione nella ricerca del risultato è compito primario di chi tratta questi neofiti.
Ecco, quindi, il cercare di mettere in campo una squadra equilibrata al valore dell’avversario utilizzando tutte quelle strategie che possano esaltare il singolo al servizio del gruppo, mettendo tutti nella condizione di essere utili e di divertirsi.
Lo stesso discorso si applica man mano che si sale di età. Gli schemi motori si arricchiscono e si sgrezzano, il gesto è sempre più fine.
Dalle dinamiche di gruppo legate fondamentalmente all’aspetto ludico, embrione di gioco secondo i principi del rugby, si va verso il gioco vero e proprio. Prima frammentario e individuale poi, progressivamente, sempre più somigliante a quello evoluto dei grandi.
Passano gli anni, quelli del minirugby, ma l’obiettivo deve rimanere lo stesso, divertirsi giocando e cercando di giocare bene, senza pensare al risultato a tutti i costi, insegnando a tutti il saper fare tutto, a saper scegliere come giocare in base all’evoluzione del gioco e non in base ad un disegno preordinato. Ma man mano che si va verso la fine del minirugby si fa sentire l’ansia da risultato e i ragazzi, vere e proprie spugne pronte ad assorbire qualsiasi esasperazione dettata per la maggior parte dagli adulti, a volte perdono di vista il fattore divertimento preoccupandosi, più del dovuto, di fattori non di loro competenza.  Vengono meno la lucidità e la serenità nell’affrontare allenamenti e partite, si crea una sorta di distacco con l’allenatore, figura che dovrebbe orchestrare il gruppo e le strategie per arrivare all’obiettivo: la crescita dell’individuo e della squadra.
Come superare questa empasse? Con il dialogo tra le parti, giocatori e allenatore, con l’incoraggiamento nei confronti dei ragazzi sottolineando le cose fatte bene, con la fiducia reciproca. Un clima sereno favorisce la motivazione, l’impegno a fare bene, a raggiungere la prestazione positiva e, perchè no, il risultato, elemento sicuramente utile ma non indispensabile per migliorarsi e fare sempre meglio.
Per il rugby legato al punteggio ma giocato bene, il rugby della prestazione vincente, la strada è lunga. Bisogna partire dalle basi, sposare una filosofia di gioco legata all’intelligenza, alla comprensione del gioco e all’impegno costante. Niente viene per caso. Il risultato finale sarà un gruppo coeso che crede in quello che fa, abituato a giocare fin dalla tenera età secondo dei principi e valori sani e legato, soprattutto, ad un sentimento di amicizia che va oltre qualsiasi interesse esclusivamente  personale.

Andrea Lijoi

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