Certe volte si fa presto a dire di uno sportivo che è un campione. Anacleto Altigieri campione lo è stato veramente e io ho avuto l’onore di conoscerlo. Prima dagli spalti del Flaminio, facendo il tifo per la Rugby Roma, squadra nella quale giocavo, in “giovanile”; l’anno successivo con lui, fianco a fianco. Lui là, davanti, ad affrontare per primo gli avversari e io a spingerlo da dietro, in mischia. Non un fisico imponente ma la determinazione prima di tutto, in un corpo forgiato da tanto lavoro nella sua Oriolo Romano. Lavoro nel tagliare la legna, raccogliere funghi, costruire la sua casa, la sua trattoria, la sua Mola. E il rugby fatto di tante mischie dove la forza, la sua forza, era una caratteristica dominante. Lui è stato il rugby della tenacia, delle maniere spicce, dell’essenzialità. Esattamente come il suo carattere. Schivo, rude, brutale talvolta ma generoso all’inverosimile e di una dolcezza malcelata. Mai un clamore sotto i riflettori, legato a quella semplicità contadina tipica della sua terra. Accanto a tanti nomi altisonanti della Roma di quei tempi, il mio esordio in serie A e lui a spronarmi dicendomi con quel suo vocione di prendere iniziativa. Aveva sempre una buona parola soprattutto per i più giovani che in lui vedevano un sicuro riferimento. E poi tre anni in Nazionale, compagni di stanza. “Ti dà fastidio se fumo?”, mi chiedeva prima di dormire e io, timoroso, gli rispondevo di no. Mi raccontava gli aneddoti della sua vita, della sua vita a Padova quando gli invitati al suo matrimonio con Giulia fecero fuori, sbagliandosi, il banchetto di un altro sposalizio. Dei suoi figli, della casa che stava costruendo a Oriolo con una camera per ciascuno di loro e della grande cucina “alla francese”, diceva, il cuore dove ci si poteva riunire tutti davanti al fuoco. E per caso eccomi allenatore ad Oriolo, in serie C. Una squadra fatta in casa dove accanto ad Anacleto giocava Antonio, il fratello. Alberto invece, uno dei suoi tre figli, era ancora con la u. 19. E visto che per limiti anagrafici per Anacleto quello sarebbe stato l’ultimo anno come giocatore, l’ultima partita di quel campionato l’Oriolo si presentò con una prima linea tutta particolare con Anacleto a sinistra, col suo numero 1, Alberto al centro come tallonatore e Antonio a destra. Un’emozione per me dare la formazione e rendere omaggio al rugbista, all’uomo. L’ultima volta che ci siamo incontrati è stata alla consegna del cap a celebrare gli Azzurri di tutti i tempi. E come al solito l’Anacleto anticonvenzionale, in giubbotto, in mezzo a tante cravatte e giacche blu. Ma lui era così e nessuna etichetta avrebbe mai potuto cambiarlo. Per questo era benvoluto e rispettato da tutti, compagni e avversari. Per questo ci lascia un vuoto che non si potrà colmare.
Andrea Lijoi
Anacleto Altigieri è il primo da sinistra.